Cosa evitare se vogliamo che i bambini si confidino…
Da quando sono diventata mamma, parlo spesso della necessità di creare un rapporto sincero e leale con le mie bambine.
Mi piace l’idea che possano sempre fidarsi di me, delle mie parole e delle soluzioni che propongo loro quando si trovano in difficoltà, quando non vogliono dormire per il mostro nell’armadio o quando stiamo per uscire e non vogliono saperne di lasciare tutto e seguirmi.
Personalmente, se c’è una cosa che non sopporto è quella di non sapere come stanno le cose. Se conosco il problema infatti, posso fare i conti con le mie emozioni e trovare una soluzione. Posso addirittura uscirne più forte. Ma se non lo so, sono in balia degli altri e perdere il controllo non aiuta mai a sentirsi meglio…
Questo è ciò che voglio anche per le mie bambine perché crescano forti e sicure di loro.
Ma se non riesco a farmi raccontare il problema, come posso lavorare su tutto questo?
Come posso stare tranquilla quando le lascio a scuola o a un’attività sportiva?
La domanda più fatta ai bambini è senza dubbio : “Cosa hai fatto oggi a scuola?”.
E la risposta più frequente è “Niente”.
Mi chiedo se diamo davvero modo ai bambini di raccontarci cosa gli succede, se sappiamo rispettare i loro tempi. Sono davvero bambini che non parlano molto o noi genitori non riusciamo a creare la condizione affinché questo accada?
Su Instagram ho pubblicato un video IGTV con cui suggerisco un piccolo gioco che possiamo fare con il nostro bambino per superare questo impasse e abituarlo a raccontare, che sia la sua giornata o anche qualche piccolo segreto.
Se pensi che possa esserti utile, clicca qui.
Vediamo però cosa è importante evitare affinché si confidino.
-
-
Attenzione alle aspettative. I bambini sotto ai 3 anni non hanno la capacità di raccontare cosa è successo nella loro giornata. La memoria a breve termine e quella a lungo termine non sono distinte, perciò è destinato a dimenticare, trattenendo solo le informazioni necessarie per adattarsi all’ambiente. In altre parole, il bambino non troverà nella sua memoria il ricordo e quindi non potrà condividerlo con noi!
-
Il tempismo è tutto. Per il bambino articolare un pensiero e comunicarlo in modo ordinato e avente senso, è un lavoro complesso. Perciò non interrompiamolo o distraiamolo mentre sta cercando di venirne a capo. Quello che per noi potrebbe sembrare un aiuto nell’esprimersi, per lui è un’interruzione al lavoro che sta svolgendo a fatica. Pena: rinunciare.
-
Non creare rotture. Evitare di interrompere o distrarre il bambino con domande permette di interferire con il flusso emotivo che il racconto sta producendo. Se invece gli diamo la possibilità di esprimersi e farlo a modo suo, si sentirà accolto e sentirà benessere nel condividere. Se gli mettiamo fretta, lo percepirà come disinteresse e sicuramente non si sentirà in sintonia con noi che non abbiamo saputo neanche rispettare i suoi tempi…
-
Non giudicare. Qualsiasi cosa il bambino abbia voglia di raccontarci non dovrebbe essere mai giudicata dall’adulto ma semplicemente accolta per quella che è. Per fare questo, occorrono abitudine e impegno poiché noi adulti siamo portati a pensare di dover sempre sistemare e aggiustare ciò che non va. Il nostro ascolto non giudicante, invece, lo condurrà a sentirsi accolto e quindi gli permetterà di sfruttare quella conversazione per far emergere le sue risorse. É questo che vogliamo, giusto?
-
La postura dice tutto. Un atteggiamento poco accogliente, rigido, richiedente, può far sentire il bambino in una situazione stressante e quindi portarlo ad evitarla. Accostiamoci con apertura e serenità, a partire dalle nostre spalle, tenendo presente che ciò che diciamo con le parole dovrebbe corrispondere a quanto dice il nostro corpo se vogliamo che il bambino si senta davvero libero di parlare.
-
A me gli occhi, please! Non guardare chi abbiamo davanti negli occhi mentre ci sta parlando e ancora di più quando ci sta aprendo il suo cuore, è segno di disinteresse, portandoci a richiuderci ed evitare in futuro di sentire quel dispiacere. Facciamo in modo allora che il nostro sguardo non lasci mai quello del bambino mentre ci parla anche solo del nuovo gioco, così che lui possa sentirsi in sintonia con noi e percepire l’allenza che vogliamo offrire. Noi siamo lì per lui.
-
L’approccio è tutto. Se vogliamo evitare che la nostra conversazione si fermi al famoso “Niente”, l’approccio utilizzato per iniziare a parlarne dovrebbe lasciare spazio ad altre risposte. Che significa? Che spesso è proprio il nostro modo adulto di fare domande che non permette al bambino di proprie risposte interessanti. Quando le domande sono troppo ampie, infatti, il bambino rinuncia subito a rispondere perché lo fanno sentire poco competente. Non sempre sente di avere tutte le capacità necessarie per formulare questo tipo di risposta… Ecco allora qualche esempio che cambierà il tuo approccio comunicativo: “Con chi ti sei seduto a pranzo?”, “Quale è stata la regola più difficile da seguire?”, Se potessi cambiare una cosa di oggi quale sarebbe?”, “Raccontami una cosa che ti ha fatto sorridere oggi”. Aiutiamolo con domande specifiche e centrate su di lui.
In ogni caso, ricorda che se vuoi che il tuo bambino si confidi con te, dovrai essere tu la prima a farlo, creando una sana abitudine e una relazione autentica.
-
Flavia