I terribili due anni sono una fase di crescita che i bambini vivono tra i 18 e i 36 mesi. Questa infatti è la fascia d’età in cui i bambini cercano in tutti i modi di affermare la loro autonomia e di dare senso al mondo che li circonda.

 

I terribili due anni

 

Spesso, lo strumento che utilizzano per fare tutto questo è il linguaggio, protagonista assoluto di questo periodo poiché rappresenta la competenza emergente, che inizia a svilupparsi proprio intorno ai 18 mesi fino a completarsi intorno ai 36. Sarà una coincidenza?

I “terribili due” sono caratterizzati, in particolare, dalla presenza/comparsa di tre parole magiche, che i bambini pronunciano continuamente, tanto da essere ricordati per questo: IO, MIO, NO.

Ma perché compaiono proprio ora?

Iniziamo dalla prima. La parola IO compare perché il bambino ha finalmente preso consapevolezza di essere una persona distinta dai genitori ma anche dal mondo circostante, utilizzando appunto il linguaggio per poter definire se stesso come individuo autonomo e prendere quindi una distanza. 

Subito dopo, compare la parola MIO e non è un caso. Il bambino, come conseguenza della presa di consapevolezza di esistere e di possedere desideri e capacità, inizia ad estendere anche all’esterno la sua area di competenza. In altre parole, quando dice che un oggetto è suo, ci sta dicendo che a lui quell’oggetto serve in quel momento per potersi esprimere, per conoscersi, per entrare in relazione con gli altri e con l’ambiente. Sul piano strettamente pratico, quell’oggetto gli è necessario per sperimentare, per mettere alla prova, per prendere la giusta distanza dai limiti, per aprire e chiudere nuovi percorsi di apprendimento e di ragionamento sul funzionamento degli oggetti, delle relazioni e degli aspetti di condivisione.

La terza parola è sicuramente quella che fa sì che risulti facile definire questi due anni “terribili”, perché mette continuamente alla prova il limite di sopportazione del genitore: NO.

 

i terribili due anni

 

Il bambino con il NO ha un rapporto duplice. Nel primo caso lo utilizza per difendere la sua necessità di esplorare e imparare, mettendosi alla prova, correndo dei rischi, ma con l’unico obiettivo di soddisfare la sua emergente sete di conoscenza. Va da sé che più il bambino ha modo di fare esperienza del mondo e delle leggi che lo governano e prima potrà sentirsi autonomo rispetto agli adulti che già le conoscono…

Risulterà ora sicuramente più chiaro perché ai NO dei genitori i bambini, soprattutto in questa fase ma anche in generale, rispondano con rabbia, urla, pianti, capricci, comportamenti a volte aggressivi e oppositivi.

Nel secondo caso, il NO è utile al bambino per confrontarsi con i limiti. Lo utilizza per poter valutare attentamente, alla luce di tutte queste nuove conquiste e scoperte, quanto sia effettivamente autonomo e artefice del suo agire nello spazio. Quando si dice: “Mio figlio mi sta mettendo alla prova…”. In realtà, sta mettendo alla prova se stesso, conquistando la possibilità di essere riconosciuto come meritevole di quella libertà di cui ha bisogno per crescere. 

Per concludere, dopo quanto detto, sarebbe forse più costruttivo sostituire “terribili” con “fantastici”, proprio perché la comparsa di queste tre parole fornisce chiare indicazione sul livello di sviluppo a cui sono giunti i bambini, e soprattutto del fatto che sono diventate delle vere e proprie persone che iniziano a pretendere per loro quello che ritengono essere migliore.

Forse questi “terribili due anni” sono “terribili” perché il bambino per confermare tutte queste sue nuove capacità e conoscenze ovviamente si imbatte e si scontra con la difficoltà del genitore di saperle comprendere e gestire.

 

i terribili due anni2

 

Ecco allora qualche indicazione:

  1. Poche regole ma buone e facilmente rispettabili. Sarà utile per il genitore non dare molte regole al bambino in questa fase poiché è probabile che le vivrebbe come limiti alla sua necessità di esplorare e quindi lo porterebbero a trasgredire o a mettere in atto comportamenti oppositivi. La scelta di dare poche regole al bambino lo può aiutare a sentirsi maggiormente autonomo e a essere all’altezza della situazione, accrescendo la sua autostima. In altre parole, si tratta di non mettere il bambino nella condizione di fallire…

  2. Fare insieme limita i NO.Il genitore può aiutare il bambino a superare quel senso di frustrazione e di impotenza derivante dal “non poter fare”, permettendogli di sperimentare e conoscere insieme all’adulto, quindi in una circostanza sicura. Tutto questo fa sì che i genitori e bambini possano superare il limite della regola, appagare la sete di conoscenza dei bambini, acquisire la serenità di permettergli di fare da solo perché ha avuto modo di esercitarsi fino a diventare padrone di quella nuova competenza, uscendone entrambi rafforzati soprattutto rispetto alla relazione.

  3. Dare al bambino l’illusione di essere autonomo. Il bambino in continua ricerca di autonomia non può di certo in questo momento tollerare che il genitore decida cosa può fare e cosa no. Un piccolo accorgimento può essere quello di sostenere il bambino in questa fase di conquista ponendolo sempre davanti a solo due scelte, in modo che percepisca di essere attivo nella vita familiare e nella relazione con il genitore, evitando anche possibili frustrazioni derivanti dalla presenza di troppi stimoli.

  4. Aiutare il bambino a comprendere quali emozioni sta provando. La ricerca continua e la sperimentazione dei limiti, può condurre il bambino a provare emozioni che non conosce e che possono facilmente essere alla base dei suoi comportamenti oppositivi e aggressivi. Il compito del genitore è allora quello di spiegare al bambino che cosa sta provando, restituendogli informazioni chiare affinché impari a leggere la situazione e avere consapevolezza delle proprie emozioni. 

 

Flavia

@flavia_educhiamali

@flavia_educhiamali

Counselor

Dunque io sono Flavia, sono Counselor socioclinica e dottoressa in psicologia dello sviluppo.

Sono una formatrice e ho lavorato per molti anni come educatrice all’interno di asili nido e scuole dell’infanzia. 

Sono una mamma e tutto quello scritto sopra con  le mie figlie conta poco.

Amo lavorare con genitori e bambini, entrare nel loro mondo, metterli in connessione e vedere come la loro relazione cambia e li renda finalmente felici!

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