Tutti i bambini sono sensibili.

Allora quando possiamo parlare di ipersensibilità?

Cerchiamo di conoscerla meglio!

 

Cosa caratterizza le PAS (persone altamente sensibili)?

La Dott.ssa Elaine Aron, Psicologa Psicoterapeuta Ricercatrice, esperta di Alta Sensibilità, afferma che il tratto dell’alta sensibilità si trova in percentuali dal 15 al 20% della popolazione, troppi per essere un disturbo, ma non abbastanza per essere ben compreso dalla maggioranza di coloro che li circondano.

Il primo aspetto da sottolineare è che l’alta sensibilità è un tratto innato, ereditario (sì, in genere un bambino altamente sensibile ha almeno un genitore con il tratto) e non appartenente esclusivamente alla specie umana.

Sembrerebbe che questa caratteristica rispecchi un certo tipo di strategia di sopravvivenza, riferita ad una maggiore attenzione prima di agire.

Le PAS sono infatti più consapevoli di altri dei dettagli, proprio perché il loro cervello elabora le informazioni e riflette su di esse più profondamente. Pertanto è più facile che ne vengano sopraffatti. (Se notate tutto in misura maggiore, vi capiterà  naturalmente di sentirvi più facilmente sovrastimolati quando le cose sono troppo intense, complesse, caotiche, o vi coinvolgono per un lungo periodo).

 

Come faccio a capire se il mio bambino è ipersensibile?

Se un bambino viene definito ipersensibile, significa che percepisce più stimoli e informazioni di altri, oltre che con maggiore intensità e coinvolgimento interiore. E come se guardasse ben oltre il proprio naso e si proiettasse verso chi gli sta di fronte, molte volte anche andando in profondità. Questo gli permette di immedesimarsi nel prossimo e, spesso, di sviluppare fin da piccolo la capacità di comprendere chi ha accanto. Ciò lo porta, ovviamente, a dover anche elaborare a livello psichico e mentale stimoli in numero e intensità maggiori, un processo che gli richiede più impegno rispetto a quello necessario a un bambino meno sensibile.” (Rolf Sellin)

In ogni caso, osservare e informarsi sull’alta sensibilità è il primo passo riflettere su alcuni aspetti che troppo facilmente vengono definiti “problematici” anche a causa della scuola che non risulta pronta e formata per approcciare questa modalità differente di funzionamento del bambino.

Ecco perché esiste un test orientativo sull’alta sensibilità compilabile direttamente dai genitori. Utile al fine di guidarne l’osservazione e raccogliere informazioni per la conoscenza del bambino ma anche per aprire riflessioni sulle modalità di percezione e gestione emotiva dell’adulto stesso…

É sempre importante ricordare che l’alta sensibilità non è un disturbo.

Costituisce un problema solo il modo in cui la giudichiamo e l’uso che ne facciamo…

 

Ma le persone altamente sensibili non dovrebbero essere timide o introverse?

Spesso si pensa che i bambini ipersensibili siano quelli timidi o introversi.

La Aron ha verificato che il 30% delle PAS sono estroverse, mettendo in luce come l’ipersensibilità possa portare con maggiore probabilità a timidezza e introversione, soprattutto per il rischio di non essere capiti o riconosciuti in questo modo di essere, ma questa non è una legge assoluta. Dipende da quanto la PAS è capace di costruirsi un ambiente confortevole e valorizzante.

bambini altamente sensibili

Che succede se non riconosciamo l’ipersensibilità del bambino?

L’ipersensibilità è, come abbiamo detto, un tratto innato e presente fin dalla nascita. Tuttavia, esso non si mostra sempre allo stesso modo. Ci sono fasi della vita dell’individuo in cui si esprime al massimo e altre in cui è assopita per favorire l’adattamento (esempio l’adolescenza).

Tuttavia, se non riesce ad esprimersi spesso trova comunque la sua strada ma sotto forma di sintomi e disturbi.

Sentendosi tante volte rifiutato, un bambino con una spiccata sensibilità diventa via via più insicuro. Inizia a non fidarsi più di sé e del proprio modo di sentire le cose, in particolare rispetto alla percezione del corpo. Comincia così a ignorarlo sempre di più.

Un bambino però non può reprimere troppo a lungo la percezione del corpo perché questo si fa sentire. Il corpo richiamerà sempre l’attenzione quando sarà troppo tardi, quando i segnali non si potranno più ignorare e quando la situazione sarà sgradevole o poco adeguata. A quel punto l’ipersensibilità potrebbe mostrarsi sotto forma di alterazione della sensibilità, sintomi e dolori.

A livello comportamentale potremmo trovare una grande agitazione quasi da far pensare a disturbi dell’attenzione o ADHD, un rifiuto del cibo per alta selettività a causa di stimoli sensoriali che quasi spaventano il bambino, perdersi nei pensieri diventando “distratto” o incapace di prendere decisioni (confusa con bassa autostima).

 

Alcuni consigli pratici

  • Accogliere la sua natura è fondamentale e partire da un’osservazione senza giudizio del suo modo di essere può esserci utile per imparare a stargli accanto e non farlo sentire sbagliato o rifiutato, generando quel meccanismo di non ascolto descritto sopra.

  • Affinché l’ipersensibilità non diventi uno svantaggio, molto dipende dal modo in cui il genitore ipersensibile gestisce questa sua caratteristica. L’esempio che danno mamma e papà su come comportarsi determina l’atteggiamento del bambino nei confronti di se stesso e il suo modo di gestire la sua sensibilità e il suo essere. Combatterà se stesso e la sua sua natura o sfrutterà le caratteristiche di cui dispone per diventare grande?

  • Aiutalo a mantenere sempre un buon contatto con il suo corpo, con le sue emozioni e ad avere fiducia in ciò che sente. Puoi usare semplici domande come “Dove la senti la rabbia?Nella pancia?Toccala e calmala…”.

  • Gradualità. La sua modalità di percezione degli stimoli può portarlo facilmente alla sovrastimolazione. Così come una mancanza di gradualità di esposizione o un adeguato tempo di decompressione. Se sapremo sostenerlo in questi passaggi, lasciandogli il suo tempo per usciere da dietro alle nostre gambe durante una festa op ascoltando la sua necessità di non andare in quel momento, riuscirà a gestire tutto al meglio e presto questa strategia diverrà una risorsa riconosciuta per il suo sviluppo. Perciò sostienilo ma non evitargli piccole sfide!

 

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Flavia

 

@flavia_educhiamali

@flavia_educhiamali

Counselor

Dunque io sono Flavia, sono Counselor socioclinica e dottoressa in psicologia dello sviluppo.

Sono una formatrice e ho lavorato per molti anni come educatrice all’interno di asili nido e scuole dell’infanzia. 

Sono una mamma e tutto quello scritto sopra con  le mie figlie conta poco.

Amo lavorare con genitori e bambini, entrare nel loro mondo, metterli in connessione e vedere come la loro relazione cambia e li renda finalmente felici!

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