Forse ti sarai chiesto come mai, di fronte a qualsiasi problema riguardante tuo figlio, c’è qualcuno che tira in ballo la psicomotricità.

 

Che cos’è la psicomotricità

Di solito la storia comincia così: “Ma…perché non fai fare a tuo figlio un po’ di psicomotricità?”, “Hai mai pensato di fargli fare un po’ di psicomotricità?”, “Dovresti portarlo a fare un po’ di psicomotricità!”. 

Da chi te lo sei sentito dire?
Dall’educatrice o dall’insegnante? Dal pedagogista? Da un amico? Dal pediatra? Da un altro genitore? 

Forse ti sarai chiesto come mai, di fronte a qualsiasi problema riguardante tuo figlio, c’è qualcuno che “tira in ballo” la psicomotricità. 

Bene: in questo articolo proverò a spiegartelo attraverso 3 punti!

 @margherita_psicomotricista

La psicomotricità è anzitutto una forma di gioco che ha come obiettivo primario il piacere di giocare. È solo attraverso il piacere veicolato dal gioco che è possibile introdurre ulteriori obiettivi, che potremmo definire “secondari”, dei quali a breve vi parlerò (e che probabilmente sono proprio quelli che vi hanno spinto a informarvi sulla psicomotricità). 

Come pratica educativo-preventiva di mediazione corporea, permette ai soggetti di sviluppareconsolidare valorizzare un’immagine positiva di sé. È un sostegno allo sviluppo armonicorispettoso globale della persona e consente ai bambini e alle bambine di esprimere le loro emozioni e i loro vissuti interiori, sostenendo lo sviluppo psicomotorio. Nonostante il fatto che gli esseri umani “sviluppino” dal punto di vista psicomotorio per tutta la vita, nel periodo dell’infanzia le tappe di sviluppo psicomotorie sono particolarmente ravvicinate (tante competenze da acquisire in pochissimo tempo) e importanti (poiché sono la base sulla quale si sviluppano altre competenze). La psicomotricità pone le condizioni ideali per favorire questi passaggi. 

Qualora questa mia prima definizione fosse risultata troppo “ingarbugliata” e tecnica, proverò a spiegarmi meglio e con maggiore semplicità. 

Il gioco e la corporeità sono i canali principali di comunicazione per i bambini e le bambine indicativamente al di sotto dei 7 anni (n.b.: è importantissimo considerare le età in maniera flessibile!). In altre parole, potremmo dire che sino ai 7 anni il gioco rappresenta la via di espressione principale. 

Il bambino comunica, si racconta e si esprime attraverso questo canale. Se questo è vero, la psicomotricità rappresenta quel mondo entro il quale il bambino può narrare di se stesso attraverso la sua “lingua-madre/L1” (il gioco!), trovando un adulto che comprende ciò che dice e che, di conseguenza, gli risponde “nella stessa lingua” (sempre il gioco!). 

 @margherita_psicomotricista

Per questo motivo, la psicomotricità è anzitutto una forma di gioco spontaneo all’interno di un setting definito. Il motivo per il quale al bambino non viene richiesta una performance, risiede nella convinzione che imporre un movimento a un bambino voglia dire imporgli ciò che deve comunicare. Se è vero che la psicomotricità ci aiuta a consentire l’espressione dei vissuti dei bambini, è fondamentale che trovino uno spazio dove “dire ciò che vogliono”, all’interno di confini ben chiari, fatti di spazi, materiali, regole e tempi che tutelino la sicurezza fisica ed emotiva di tutti i bambini presenti. 

La psicomotricità è un’attività con una funzione educativo-preventiva, ed è adatta e aperta a tutte le bambine e i bambini al fine di consolidare e potenziare le risorse che già sono in essere e/o riattivare quelle che sembrano attraversare “fasi di fatica”. Detto ciò – e dal mio punto di vista – è importante rimettere a fuoco un assunto che sempre più spesso si perde di vista: crescere è faticoso! E lo è anche per chi è già cresciuto! Ciò che noi adulti possiamo fare e porre le condizioni più idonee possibile perché i nostri bimbi attraversino e superino le loro fisiologiche fasi di difficoltà. In tal senso, ritengo che la psicomotricità sia una strategia particolarmente funzionale per far ciò. 

Una volta che abbiamo meglio definito i perimetri concettuali della psicomotricità e ribadita la sua specificità primaria legata al gioco, vorrei addentrarmi nell’esplicitare alcuni obiettivi “secondari” (secondari dopo il piacere del gioco, come precedentemente spiegato) della psicomotricità. 

@margherita_psicomotricista

 

A cosa serve la psicomotricità

Anzitutto, la psicomotricità serva a stare bene o a stare meglio. Mi piace pensare che questa semplicissima definizione, che quasi può rasentare il banale, racchiuda un senso importante proprio della prospettiva psicomotoria: il senso del benessere

Utilizzo consapevolmente questa parola nella sua concezione di ben- essere: vivere un’esistenza nella dimensione del bene, del piacere e della piacevolezza. E, se possibile, la psicomotricità – nella sua essenza – desidera proteggere il senso di benessere (stare bene) e/o ripristinarlo (stare meglio). 

In aggiunta, entrando maggiormente nel dettaglio, potremmo identificare 10 obiettivi-chiave della psicomotricità, ovvero: 

  • Sostenere l’autoregolazione e l’autocontrollo (es: limiti, regole, pazienza, tolleranza, rispetto, frustrazione) 


  • Sollecitare l’intelligenza emotiva e cognitiva 


  • Rafforzare le competenze sociali e relazionali

  • Contenere difficoltà di attaccamento e separazione

  • Stimolare competenze di problem solving (es: ingegno, perseveranza, motivazione) 


  • Esprimere emozioni, vissuti e paure 


  • Accrescere fantasia e creatività 


  • Rafforzare l’autostima (immagine positiva del sé, sicurezza)

  • Sostenere l’empatia (capacità di “leggere” le emozioni altrui)

  • Favorire le competenze comunicative ed espressive

Prima di giungere alle conclusioni, sperando di essere riuscita a comunicare l’importanza e la delicatezza di questa pratica, mi piacerebbe raccontarvi brevemente chi è lo psicomotricista

@margherita_psicomotricista

 

Chi è lo psicomotricista

La figura professionale dello psicomotricista è una figura specificatamente formata in psicomotricità attraverso una scuola della durata triennale. La formazione dello psicomotricista è decisamente particolare e richiede un ampio coinvolgimento sul piano teorico, personale e pratico. Per questo motivo, si tratta di una formazione che avviene all’interno di gruppi dal numero limitato, nei quali possa essere dato un adeguato spazio e tempo sia all’individuo, nella sua singolarità e peculiarità, sia al gruppo (nel suo essere sistema dinamico e relazionale). In virtù di queste peculiare formazione, attualmente perpsicomotricisti ci si affida a scuole private, presenti su tutto il territorio nazionale.

Pertanto: diffidate dalle imitazioni!

Cos’è la psicomotricità

Come? Verificando la formazione del professionista al quale vi affidate. 

Dal 2013, con la legge n.4, spetta alle associazioni professionali l’onere e l’onore controllare e rappresentare le professioni non regolamentare in ordini o collegi (come la professione dello psicomotricista). Le associazioni professionali si occupano di: 

–  verificare i requisiti della formazione; 


–  offrire formazione permanente; 


–  vigilare sulla condotta professionale. 


Spesso non è semplice districarsi all’interno di questo mondo e, talvolta ancora sussiste poca chiarezza. Il mio consiglio professionale è quello di pretendere trasparenza! Vi accorgerete che i professionisti e le realtà veramente qualificate, non avranno nessun timore ad offrirvela. Anzi, spesso e volentieri vi forniranno anticipatamente tutte queste informazioni. 

La psicomotricità è un gioco veramente molto serio!

Margherita

@margherita_psicomotricista

@margherita_psicomotricista

Psicomotricista e Pedagogista

Psicomotricista e Pedagogista, nutro da sempre una profonda passione verso il mondo dell’educazione, della formazione e del sostegno al benessere e allo sviluppo psicofisico globale delle persone, con particolare riferimento al periodo dell’infanzia.

Inizio i miei studi universitari con una laurea come “Educatrice di nido”, per poi proseguire con una laurea magistrale in “Pedagogia” e con la scuola triennale di formazione in “Psicomotricità”. 

Concludo il mio percorso accademico con un “Dottorato di Ricerca in Scienze Pedagogiche”. 

Attualmente sono coordinatrice pedagogica e conduco gruppi di psicomotricità educativo-preventiva. 

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