La psicomotricità dopo il lockdown: quali sono le nuove regole? Come stanno i bambini?

 

Da qualche mese l’attività psicomotoria è ripartita nel massimo rispetto di tutte le normative legate alla sicurezza e prevenzione della diffusione del contagio di Covid-19.

Le tante preoccupazioni, dubbi e domande che noi professionisti ci siamo fatti nel corso di questi mesi, si sono ammorbidite nell’incontro con i bambini e le bambine all’interno della sala di psicomotricità.

Attraverso questo articolo, mi piacerebbe condividere con voi due punti di riflessione che ritengo importanti.

 

Il primo:

Come si fa a tornare a giocare in sala di psicomotricità in una dimensione di sicurezza?

 

Il secondo:

Come stanno i bambini e le bambine che ho re-incontrato in sala? Cosa stanno esprimendo con i loro giochi?

 

 

Come si fa a tornare a giocare in sala di psicomotricità in una dimensione di sicurezza?

Per me le regole fondamentali sono state 4:

 

Uno spazio ampio e pochi bambini

Ho la fortuna di avere una sala estremamente grande, di circa 80mq, nella quale ho scelto di accogliere un max di 5-6 bambini per gruppo. L’attività psicomotoria lavora tradizionalmente nella dimensione del piccolo gruppo, pertanto questa “limitazione” non ha introdotto particolari modifiche. Nonostante ciò, è stato necessario introdurre alcune piccole ma importanti variazioni nella gestione e nell’organizzazione dell’incontro. Tra le tante attenzioni, quella di disporre le postazioni di utilizzo “statico” (es: i momenti in cui i bambini siedono in cerchio nel rituale finale e iniziale) in maniera distanziata.

D’altro canto, questa variazione, mi ha dato l’occasione di verificare quanto l’aver inserito questo spazio individuale e personalizzato fosse, in effetti, un elemento talvolta mancante all’interno della sala di psicomotricità. Si tratta di una variazione che, nonostante sia stata introdotta per evidenti motivi sanitari, ha avuto importanti e positive ricadute anche all’interno delle dinamiche di gruppo. Ad esempio, disporre in maniera così chiara una postazione singola e individuale per ciascun bambino/a, ci ha consentito meglio di lavorare simbolicamente il tema delle “assenze”. Infatti, quando un/a bambino/a manca dall’incontro è molto più facile notarne l’assenza e riuscire ad elaborarla con i bambini.

Inoltre, l’ampiezza dello spazio della sala e il ridotto numero di bambini presenti, consente un distanziamento spesso spontaneo tra i bambini nel rispetto dell’Allegato A del DPCM del 18/10/2020, il quale afferma di: “mantenere quanto più possibile il distanziamento fisico di almeno un metro dalle altre persone, seppur con i limiti di applicabilità per le caratteristiche evolutive degli utenti e le metodologie educative di un contesto estremamente dinamico”.

 

Igienizzazione e aerazione dopo ogni utilizzo della sala

Il tema dell’igienizzazione è un elemento fondamentale in termini di prevenzione. Tutti i materiali della sala richiedono un’igienizzazione accurata dopo ogni utilizzo.

In particolare, le attenzioni che ho scelto di apportare sono due:

  1. ho implementato il mio materiale, distinguendo kit specifici ad uso esclusivo di ogni gruppo (es: pupazzi, palline, teli, pennarelli, ecc.).
  2. tutto il materiale che viene utilizzato stabilmente (es: materassini, materassi, cubi, parallelepipedi) viene igienizzato con una soluzione idroalcolica al 70% dopo ogni utilizzo. Ogni igienizzazione richiede un tempo di circa 20 minuti, per questo motivo è stato necessario distanziare in maniera adeguata le entrate dei gruppi. Nei 20 minuti di igienizzazione, le finestre della sala rimangono aperte (fortuna vuole che nella sala di psicomotricità dove svolgo l’attività, 3 pareti siano interamente composte di finestre, elemento che facilita molto il ricircolo d’aria).

 

Uso mascherina per gli adulti

Data l’impossibilità di mantenere sempre un distanziamento di 1 metro con i bambini, ho ritenuto fondamentale utilizzare sempre mascherine Ffp2, le uniche che consentono di proteggersi e proteggere (particolarmente importanti in un contesto laddove, vista l’età dei bambini spesso inferiore ai 6 anni, l’uso delle mascherine non è possibile per tutti). Per ogni gruppo, cambio sempre sia la mascherina che gli abiti che indosso. Si tratta, ancora una volta, di piccole e semplici attenzioni, davvero importanti per poter lavorare in una dimensione di sicurezza. A tal proposito, consapevole che avrei limitato visivamente una porzione importante del mio volto, non ho potuto che attivare una seria riflessione, con la conseguente applicazione di specifiche strategie, volte ad implementare la comunicatività del mio linguaggio non verbale.

Fortuna vuole che gli psicomotricisti abbiano “un vantaggio” in tal senso, in quanto la loro formazione include inevitabilmente tale competenza; nonostante ciò, nessuno di noi era pronto a vivere questa “paradossale esperienza”, né tantomeno eravamo professionalmente pronti a riflettere sull’espressività del nostro volto coperto da una mascherina. Questo ha richiesto di aprire nuove piste di riflessione. Ho cominciato, anzitutto, a guardarmi allo specchio indossando la mascherina, osservando le mie espressioni sino a trovare le strategie che più mi soddisfacevano

 

Un serio patto di co-responsabilità con le famiglie

Perché dico “serio”? Perché ho scelto convintamente di non trasformarlo in un solo foglio di carta consegnato e firmato, magari nemmeno mai letto. Ho scelto di dedicare un ampio momento di confronto e condivisione delle regole, istituendo un incontro apposito dove leggere e condividere i passaggi che avrebbero richiesto l’impegno di tutti e ciascuno, per la tutela dei bambini e delle bambine. Ho redatto quindi due documenti: un protocollo di sicurezza e un patto di responsabilità reciproca. In questi due documenti, la sintesi dettagliata di tutte le attenzioni messe in campo da me e quelle per le quali avrei richiesto il loro contributo.

In particolare, i pilastri fondamentali sono stati:

  • La misurazione della temperatura per tutte le persone che facevano accesso in struttura (bambini e adulti), autodichiarazione del proprio stato di salute e di alcuni elementi importanti (es: non essere in quarantena e non aver avuto contatti stretti/ravvicinati con persone positive, per quanto di propria conoscenza).
  • Igienizzazione delle mani in accesso, ma anche la proposta di igienizzazione prima/durante l’attività psicomotoria. A tal proposito, desidero condividere un’ulteriore attenzione semplice, ma efficace. Dentro la sala di psicomotricità ho deciso di non fare entrare dispenser di gel igienizzante “anonimi” e “freddi”, ma 4 divertenti pinguini colorati che hanno letteralmente “rubato il cuore” dei bambini. Durante il rituale iniziale e ogni qualvolta fosse necessario (es: uno starnuto fatto nella mano) viene proposto ai bimbi di scegliere da quale pinguino colorato farsi dare una spruzzatina di sapone. Aggiungo, inoltre, che ho scelto di inserire dentro questi simpatici pinguini, un gel profumato che i bambini adorano annusare. Oramai non sono più io a proporre l’igienizzazione, ma a ricevere continue richieste da parte dei bimbi di “fare il gioco dei pinguini”.

Per i genitori che devono sostare in sala d’aspetto (elemento fondamentale soprattutto quando in sala si lavora con bimbi molto piccoli) sono state fornite precise indicazioni sulle postazioni da rispettare, sempre distanziate. Inoltre, è stato considerato sin da subito obbligatorio l’utilizzo della mascherina.

Io, come psicomotricista, autodichiaro ad ogni inizio incontro il mio stato di salute, l’idoneità della mia temperatura corporea, il non essere in quarantena e non essere entrata in contatto con persone positive (per quanto di mia conoscenza) e messo a disposizione tale autodichiarazione in sala d’attesa, visibile per tutti i genitori. Ritengo sia un’importante attenzione in direzione di co-responsabilità. In tal senso, non sono solo io a chieder loro di fornirmi informazione importanti, ma anche io a fornirle sempre a loro.

 

le nuove regole

 

Come stanno i bambini e le bambine che ho re-incontrato in sala?

Cosa stanno esprimendo con i loro giochi?

Ritornati con il loro entusiasmo e i loro sorrisi, i bambini mi hanno sorpresa sin dai primi istanti. I bimbi che avevo “lasciato”, interrompendo gli incontri in maniera brusca e repentina, hanno riconosciuto immediatamente la loro “stanza magica” e la loro “dada Margherita” (come spesso mi chiamano). Il fatto che metà del mio volto fosse coperto dalla mascherina non è sembrata destare nessun dubbio e nessuna perplessità in relazione alla mia identità. D’altronde, come già detto prima, ho ampiamente riflettuto e lavorato su questo aspetto, implementando molte strategie specifiche legate alla comunicazione non verbale. I bimbi che ho incontrato per la prima volta hanno osservato la mascherina come un dato di fatto, probabilmente un elemento con il quale hanno oramai imparato a familiarizzare. Nessun segno di sorpresa, dubbio o timore.

Mi ha emozionato sentirli dire “ti ricordi i giochi che abbiamo fatto ieri?”, riferendosi – in realtà – ai giochi fatti 7-8 mesi fa. Ognuno di loro ricordava con esattezza i giochi, i tempi e tutte le attenzioni che fanno parte dell’attività psicomotoria (le etichette, le regole, i bigliettini…). La sensazione è che la psicomotricità li abbia comunque accompagnati in tutti questi mesi, pur non essendo in sala insieme. D’altronde il tempo è passato, e quel “ieri” è solo un simbolo della loro percezione del tempo e della significatività dell’attività psicomotoria. Nella realtà quei lunghi mesi sono passati e sono stati mesi intensi e particolari dal punto di vista emotivo; d’altro canto, sono stati anche mesi di fisiologica crescita.

Uno degli aspetti che più mi ha sorpreso e ha sorpreso i bimbi e le bimbe è stato riscoprirsi con nuove competenze e capacità psicomotorie. Ho ricevuto, da psicomotricista, il prezioso dono di osservare la loro incredulità/sorpresa nello scoprirsi capaci di fare i “salti dall’alto” (una grande conquista!) laddove avevano lasciato la sala non sapendoli ancora fare (o avendone paura). Nella loro “percezione-bambina” hanno la sensazione che “ieri non erano capaci” e “oggi lo sono”. Questa sensazione ha immediatamente innescato un elevato beneficio a livello di autostima che sta tutt’ora accompagnando e alimentando i nostri giochi.

D’altro canto, ho avuto anche l’occasione di osservare piccole e grandi difficoltà nei bambini, esito di mesi difficili, nei quali hanno sperimentato tensioni, paure e persino – ahimè – lutti. Si tratta di prime rilevazioni che osservo perlopiù nei bimbi più grandi con i quali lavoro (4-6 anni); bimbi che, spesso, in queste settimane hanno ricominciato a beneficiare del contesto della scuola, ma in maniera nuova, spesso molto limitante, piena di divieti e nuove regole e alcune fatiche.

L’eterogeneità delle situazioni scolastiche è ampia e devo dire che laddove i contesti scolastici sono riusciti a preservare, nei limiti del possibile, un assetto e un clima sufficientemente sereno e libero, i bambini non hanno mostrato troppe difficoltà (salvo difficoltà pregresse già esistenti); laddove i contesti si sono fatti molto rigidi (es: introduzione di banchi, attività molto seduti, richiesta di un distanziamento, poca fisicità/contatto da parte degli adulti, ecc.) si osservano alcune variazioni nei comportamenti dei bambini. In particolare, un aspetto che sto cominciando ad osservare con una certa frequenza, riguarda il grande e importante bisogno di giocare. L’ora di psicomotricità sembra non essere sufficiente a “riempire” il serbatoio del loro desiderio di giocare e muoversi seguendo i loro bisogni e desideri. Ne consegue una tendente fatica ad uscire dalla sala di psicomotricità e/o rispettare i tempi che la realtà impone (perché si sa, l’incontro di psicomotricità finisce e bisogna tornare a casa, anche se non si vorrebbe!).

Inoltre, percepisco molto forte la sensazione di une vera e propria “abbuffata” energetica durante l’incontro di psicomotricità. Quasi ad aver bisogno di rifornirsi di quella dose di piacere, libertà e divertimento necessari per poi tornare in un mondo che si è fatto – ahimè, motivatamente – molto limitante e vietante.

Ancora una volta, al cuore della psicomotricità, dobbiamo riporre i bisogni dei bambini, cercare di intuire cosa ci stanno comunicando, che cosa serve a loro oggi; laddove oggi significa anche la situazione che stiamo vivendo e della quale dobbiamo avere consapevolezza, senza allarmismi e senza ansie, ma con uno sguardo attento e competente di chi è lì, disposto ad accogliere le gioie e le bellezze, così come i momenti di tristezza, rabbia o difficoltà.

Margherita

@margherita_psicomotricista

@margherita_psicomotricista

Psicomotricista e Pedagogista

Psicomotricista e Pedagogista, nutro da sempre una profonda passione verso il mondo dell’educazione, della formazione e del sostegno al benessere e allo sviluppo psicofisico globale delle persone, con particolare riferimento al periodo dell’infanzia.

Inizio i miei studi universitari con una laurea come “Educatrice di nido”, per poi proseguire con una laurea magistrale in “Pedagogia” e con la scuola triennale di formazione in “Psicomotricità”. 

Concludo il mio percorso accademico con un “Dottorato di Ricerca in Scienze Pedagogiche”. 

Attualmente sono coordinatrice pedagogica e conduco gruppi di psicomotricità educativo-preventiva. 

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