Scuola e famiglia, due grandi istituzioni, entrambe destinate ad avere un impatto fondamentale sulla crescita dei bambini, stanno costantemente riconsiderando i loro rapporti…
Scuola e famiglia
Immaginate una barca a remi, dove a guidare siano due persone, che, utilizzando i termini della fisica, rappresentano due forze. Se ognuna di queste forze rema verso una rotta differente dall’altra, o, peggio, in direzione opposta, la barca non avrà speranze di andare da nessuna parte.
Com’è facile intuire, la barca rappresenta il bambino, le due forze, che dovrebbero condurlo nella stessa direzione, descrivono i due perni della vita della maggior parte dei bambini: la scuola e la famiglia.
Scuola e famiglia, due grandi istituzioni, entrambe destinate ad avere un impatto fondamentale sulla crescita dei bambini, stanno costantemente riconsiderando i loro rapporti, perché, rispetto al passato, per andare incontro alle trasformazioni sociali di questi ultimi decenni che hanno visto cambiare queste stesse istituzioni, il mondo del lavoro e tutto un complesso sociale che sta liquidamente assestandosi su nuovi fondamenti, non è più sufficiente il buon senso o l’impegno.
Anche le richieste di collaborazione dalle varie riforme scolastiche italiane, tese a favorire lo sviluppo degli apprendimenti e della personalità degli alunni, si possono inserire in questa necessità di modificare i rapporti tra i due sistemi.
Se lo osserviamo da questo punto di vista, risulta evidente l’interazione tra due sistemi molto complessi che cercano di entrare in relazione, con tutte le difficoltà che tale contatto potenzialmente porta con sé, considerando che la scuola e la famiglia si basano su obiettivi educativi differenti.
La scuola ha un percorso pressoché univoco per tutti gli alunni, dei quali annualmente certifica competenze a traguardi. La famiglia ha un punto di vista individuale e ad ampio raggio, dovendo prevedere una formazione più a lungo termine, quindi, per definizione, meno segmentata e meno impostata in modo definito.
In tal senso, scuola e famiglia, pur partendo da regole e finalità educative un po’ discordi, avrebbero tutto l’interesse e la necessità di integrarsi, di entrare in contatto in forma serena e collaborativa per poter essere utili allo sviluppo della personalità degli alunni.
Entrambi hanno i loro principi, i loro obiettivi educativi, i loro dettami culturali e i loro precetti imprescindibili, i loro bisogni e desideri sull’evoluzione del bambino-discente che rendono difficoltosa l’armonica integrazione di entrambe le parti.
Perché gli insegnanti percepiscono l’atteggiamento a volte intrusivo di alcune famiglie verso il lavoro degli insegnanti come una riformulazione, o peggio, una riduzione del loro ruolo?
La risposta è semplice: molto spesso le interferenze nel lavoro degli insegnanti possono evidenziare una certa sfiducia nella scuola da parte della famiglia e la sua difficoltà di adeguarsi e provare ad integrarsi ad essa. Quando uno dei due elementi, rappresentati da un ipotetico team docente e una ipotetica famiglia, non trovano un accordo per iniziare un lavoro di collaborazione, i motivi possono essere tanti, tutti spesso riconducibili alle resistenze dell’una o dell’altra istituzione ad aprirsi ad una eventuale modifica delle proprie regole strutturali. Ed ecco che entrambe cominciano a parlare di “ingerenza”. È come se ognuna delle parti percepisse chiaramente lo sconfinamento nella propria area di competenza.
La relazione scuola e famiglia
Per comprendere la condizione del bambino di oggi, i suoi bisogni educativi e formativi occorre tener presente il livello di complessità della realtà nella quale è immerso.
La formazione del cittadino di domani passa attraverso l’influenza della società, la quale a sua volta è contaminata dalle scelte attuate dalle istituzioni politiche in linea con il proprio orientamento, attraverso la scuola che opera ben precise scelte educative e, last but not least, dalla famiglia che con le proprie scelte valoriali e culturali imprime una sorta di etichetta indelebile nel percorso educativo, la più incisiva. Il futuro dei bambini è il prodotto, quindi, dell’influenza di queste tre componenti del sistema e della visione che hanno dell’idea di bambino, dei reali bisogni, dei percorsi per la sua crescita.
La famiglia, non a caso, viene considerata il primo contesto formativo del bambino e la scuola il primo luogo di socializzazione e di istruzione formalizzata, in cui la formazione viene sistematizzata, organizzata ed infine certificata.
Se, nel momento in cui il bambino entra a scuola avviene, tra genitori e insegnanti, un primo confronto onesto e chiaro, aperto alla condivisione ed al parziale accomodamento di obiettivi e modalità, sull’idea di bambino nel tentativo di e-ducere, di portare cioè allo scoperto e valorizzare tutte quelle potenzialità che gli/le permetteranno di affrontare nel miglior modo possibile la vita, allora e solo allora, scuola e la famiglia si troveranno ad avere lo stesso obiettivo educativo, anche se a volte differenti visioni dell’idea stessa di bambino.
Non si contano più le ricerche che hanno dimostrato che la relazione scuola-famiglia è fondamentale per sostenere il processo di apprendimento del bambino e che una positiva relazione scuola-famiglia favorisce il benessere dei figli-alunni. Diventa indispensabile investire su contesti partecipati e progetti condivisi, in quanto il sentirsi parte costituisce la più efficace forma di prevenzione del disagio e di promozione sociale dei bambini e della famiglia. Il rapporto scuola-famiglia va costruito attraverso degli interventi mirati e consapevoli da parte dell’istituzione scolastica.
Lo sostengo da sempre: la famiglia continua a mutare il suo aspetto con una costante trasformazione di ruoli, valori, dinamiche. Si è sviluppata in modo caotico fino ad arrivare ad una sostanziale impossibilità a risolvere la propria disorganizzata evoluzione. Trasformazione che è possibile notare anche attraverso i modelli presentati dai media che ogni giorno appaiono sugli schermi televisivi e sulle piattaforme social e che la scuola, in ogni caso, non può fingere di non vedere.
Una carta d’identità della quale tener conto ogni volta che ci si approccia alla progettazione delle attività da proporre, da condividere, da spiegare, un documento socio-culturale che può fungere da mappa concettuale per una comunicazione vera, efficace. Non dovrebbe interessare a nessuno l’avere ragione, non dovrebbe essere una priorità. L’urgenza dovrebbe essere quella di una comunicazione chiara e autentica, scevra da giudizi e critiche, dischiusa quanto basta al cambiamento e al reciproco aggiustamento.
Non vedo altre soluzioni. Poca teoria e molta pratica. Poche parole e molto sostegno, perché entrambe le istituzioni sono in difficoltà e hanno bisogno l’una dell’altra.
Federica