Che cosa si fa e non si fa durante una sessione di psicomotricità. La risposta alle domande che i genitori si pongono.
La psicomotricità
“Ma che cosa faranno mai dietro a quella porta?”, è la domanda che più spesso si fanno i genitori quando portano i propri figli a fare psicomotricità.
Attraverso questo articolo, vorrei provare a fornirvi qualche risposta.
Intorno alla psicomotricità aleggiano ancor oggi sfumature di poca chiarezza, che rischiano di alimentare fantasie e aspettative non sempre funzionali ad una “buona partenza” di un percorso psicomotorio.
Ecco perché, quando per la prima volta incontro i genitori dei bimbi che inizieranno con me un nuovo percorso di psicomotricità, mi piace organizzare un primo momento che possa offrire risposte ai loro primi dubbi, alle loro curiosità e alle loro legittime domande.
Numerose sono le domande riguardanti il “cosa si fa” dentro una sala di psicomotricità e, per questo, mi piace offrire ai genitori alcune direzioni di senso che possano – almeno in parte – rispondere a questa domanda. Perché dico “in parte”? Perché il motivo per il quale questa domanda prende vita, è legato a una rappresentazione del “fare” molto lontana da quella che accompagna la proposta psicomotoria. Di solito ci si immagina un “fare” asimmetrico, nel quale l’adulto dice cosa fare e il bambino fa. Ecco, questo non succederà in sala di psicomotricità.
E allora, cari genitori, benvenuti in sala!
Se avete voglia, sedetevi insieme a me, nel setting che allestisco per il primo incontro con i genitori. Prima di iniziare a raccontare, ci tengo a fare una breve ma importante premessa. La psicomotricità si avvale di un metodo, ma non per questo dovete considerare le mie indicazioni come una “ricetta psicomotoria”. Cosa intendo dire? Che potreste incontrare modalità differenti da quella che vi propongo, poiché non solo esistono diversi orientamenti psicomotori, ma anche delle specifiche scelte che – di volta in volta – vengono fatte sulla base di diversi elementi. D’altro canto, è bene sottolineare che – seppur nel rispetto di questa eterogeneità – non tutto può essere considerato psicomotricità.
Ci sono aspetti che in questo articolo non prenderò in considerazione. Alcuni di questi sono già stati trattati nell’articolo “Psicomotricità: che cos’è e a cosa serve?”. Altri, verranno trattati nei prossimi articoli.
Terminata la premessa!
Pronti?
Vi racconto cosa si fa, quando si va alla psicomotricità.
Cari genitori, benvenuti in sala. Oggi la vedete vuota, ma sappiate che di solito è molto piena e colorata.
Che cosa NON faremo dentro questa sala?
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Dentro questa sala NON faremo ginnastica.
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Dentro questa sala NON chiederò ai bambini di eseguire dei movimenti.
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Dentro questa sala la dimensione dell’obbligo e della forzatura NON potrà essere contemplata.
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Dentro questa sala NON ci aspetteremo il raggiungimento di particolari obiettivi motori (es: non sarà un obiettivo imparare a fare le capriole), ma al massimo parleremo di obiettivi psicomotori.
Dentro questa sala i bambini si “muoveranno in fretta” (citando il Maestro Aucouturier), così tanto in fretta che, dando una sbirciatina dentro la sala, potrebbe apparirvi tutto enormemente caotico. Ebbene, cari genitori, sappiate che uno psicomotricista si è formato apposta per riuscire a leggere il senso di questo apparente caos.
Dentro a questa sala i bambini potranno giocare a ciò che desiderano, ma non potranno fare tutto ciò che vogliono.
So che potrebbe sembrarvi un paradosso, ma non lo è. Il gioco libero è una delle forme di gioco più complesse e richiede un setting ben preciso.
Ecco perché oggi non posso raccontarvi che cosa faranno i vostri bambini in sala, non posso raccontarvelo perché questa sala è pronta ad accogliere tutto ciò che i vostri bimbi avranno da “giocare”; ciò che posso fare, però, è raccontarvi come questo sarà possibile e quali saranno le “linee guida” che, di volta in volta, offrirò ai vostri bambini e che è davvero importante che conosciate anche voi.
Come si svolge una sessione di psicomotricità?
Ogni incontro durerà circa 1h che suddivideremo in 3 momenti:
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Un rituale iniziale
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Il tempo del gioco
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Un rituale finale
Il rituale iniziale, della durata di circa 15 minuti, sarà suddiviso in 4 azioni.
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Accoglienza
Puntuale, all’orario concordato, aprirò la porta della sala e verrò sulla soglia ad accogliere i bambini, nel massimo rispetto dei tempi necessari a ciascuno/a per salutarvi. Qualora ci fosse qualche difficoltà nel distacco, non vi preoccupate. Nessun bambino sarà obbligato ad entrare in sala in uno stato emotivo che non garantisca il suo benessere. Esistono varie possibilità e strategie per aiutare i bambini a sciogliere, pian piano, le difficoltà di separazione. Una volta che i bimbi saranno pronti entreremo in sala e ci andremo a sedere in cerchio, in uno spazio specificatamente allestito per questo momento.
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Saluti
A questo punto dedicheremo qualche minuto al “bisogno di parola” tipico dell’inizio di ogni incontro. Ci possiamo dire come stiamo, o possiamo raccontarci che cosa abbiamo fatto oggi, cosa abbiamo sognato stanotte…
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Tempo
A questo punto, soddisfatto il bisogno di parola, ricorderò ai bambini a che incontro siamo arrivati. Se è il primo incontro, espliciterò che si tratta del primo incontro (ricordando sempre anche il numero di incontri che ci sono ancora) e così via…
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Etichette e regole
Quindi, offrirò a ciascun bambino e a ciascuna bambina un’etichetta con il proprio nome. So che potrebbe sembrare un’azione fatta per “comodità adulta” (per ricordarsi i nomi), ma vi assicuro che si tratta di un’azione psicomotoria molto importante, che si pone come una valorizzazione dell’identità. A questo punto, espliciterò le “regole” dei giochi: non ci si fa male, non si prendono i giochi degli altri, non si rompono i giochi degli altri.
Saremo quindi pronti per iniziare il “tempo dei giochi” e proporrò ai bambini che lo desiderano, di buttare giù un muro di cubi e parallelepipedi.
1,2,3…VIA!!
Il tempo dei giochi durerà circa 30 minuti e, come già vi ho anticipato, non potrò raccontarvi cosa succederà in questo tempo perché è un tempo pronto e disponibile ad accogliere qualsiasi forma di gioco, sempre all’interno delle regole sopra esplicitate. I bambini potranno entrare e uscire dalla sala tutte le volte che ne sentiranno il bisogno e sarà importante che vi trovino fuori nella più completa disponibilità emotiva. Quando si fa psicomotricità si “giocano” le emozioni in maniera molto intensa. Talvolta, questo, richiede dei “rifornimenti emotivi”. Nello stare fuori dalla sala di psicomotricità, quindi, vi chiedo ai genitori di sentirsi dei benzinai, pronti e aperti a ricaricare le “macchinine” che arrivano da voi “in riserva”. La benzina talvolta potrà essere un abbraccio, un bacio, talvolta la richiesta di mangiare un cracker, bere un po’ d’acqua e così via… È importante non avere fretta. Sarà la macchinina a sapere quando avrà fatto “il pieno” e sarà pronta per poter ripartire.
Conserveremo circa altri 15 minuti per il cosiddetto rituale finale, un momento che aiuterà i bambini a lasciare i giochi psicomotori e ad uscire dalla sala.
Questo rituale è suddiviso in 3 azioni:
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Lettura albo illustrato
Per prima cosa, sceglierò di leggere ai bambini un albo illustrato che riterrò significativo in relazione ai giochi che i bambini hanno giocato in sala durante quell’incontro. Che cosa vuol dire? Che durante l’incontro cercherò di analizzare quali tematiche il gruppo di bambini sta giocando e, grazie a questa analisi, sceglierò una lettura che possa dirsi coerente con queste letture. Questo aiuterà i bambini a ritrovarsi senza per forza riconoscersi all’interno delle parole del libro.
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Rappresentazioni
Successivamente proporrò ai bambini di utilizzare il canale della rappresentazione (un disegno; la manipolazione della plastilina; delle costruzioni) per distaccarsi via via dal gioco psicomotorio. I corpi si rallenteranno, ma il desiderio comunicativo continuerà a trovare una possibilità di espressione. La parola tornerà ad avere un ruolo più importante rispetto al momento dei giochi.
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Bigliettini
Infine, prima di salutarci, consegnerò a ciascun bambino un bigliettino, che qualcuno chiama simpaticamente “l’invito per la prossima volta”.
Aprirò la porta e i bambini usciranno dalla sala, con un mattoncino in più che è andato ad arricchire il loro bagaglio psicomotorio. Forse oggi quel mattoncino avrà riguardato il rafforzamento della loro autostima, forse le competenze sociali, quelle linguistiche, quelle comunicative, forse l’intelligenza emotiva, forze le competenze motorie, forse l’area del problem solving o forse ancora l’ambito dell’attaccamento e della separazione…e chissà cos’altro ancora!
Margherita