Allattare al seno spesso è motivo di commenti e consigli non richiesti. Proprio alcuni giorni fa su Ig mi è stato chiesto di esprimere la mia opinione su una domanda ricorrente tra le mamme, soprattutto perché trova molti pareri contrastanti a partire dalle educatrici.
È giusto allattare al seno durante l’inserimento al nido?
Io credo che la domanda non centri il problema. Se sia giusto o no, infatti, non ci deve interessare perché l’allattamento in sé è una questione che non riguarda la scuola ma soltanto la mamma. Questo lo dico perché molte volte le mamme sono costrette anche a interrompere l’allattamento perché devono rientrare al lavoro e questo comporta a livello psicologico una restrizione che proviene dall’esterno e che quindi è vissuta molto male dalla mamma, magari non a livello cosciente ma a livello inconscio sì.
In questo modo si innescano una serie di meccanismi che la portano poi a rapportarsi al bambino in modo un po’ “contaminato”, con interferenze. In altre parole, possono sorgere sensi di colpa che possono portare la mamma ad essere più apprensiva o a intervenire eccessivamente nella vita del piccolo. Allo stesso modo può succedere che nascano delle distanze tra la mamma e il bambino proprio perché quest’ultima non riesce a gestire le emozioni relative all’interruzione dell’allattamento.
Pertanto, è importante per la strutturazione di un buon legame di attaccamento e per la salute psicofisica della mamma, che quella di proseguire o no l’allattamento sia solo una sua libera scelta.
Negli anni, ho avuto modo di ricoprire sia il ruolo di educatrice che di mamma e ho una riflessione per entrambe le posizioni su questo tema.
Da educatrice mi chiedo se sia giusto porre limiti o proporre modalità di gestione riguardo a questo aspetto così delicato. Infatti, per poter avere un buon inserimento, quindi che abbia successo, e se vogliamo che tutto quello che proponiamo al bambino durante l’anno funzioni, dobbiamo poter contare sull’alleanza educativa. Il genitore dovrà quindi essere nostro alleato nell’educazione dei bambini, in una relazione di fiducia, reciproco ascolto e sostegno. Porre i genitori, in questo caso la mamma, davanti a una scelta così grande, così profonda e con conseguenze così complesse anche a livello psicologico, può davvero aiutare a costruire quella relazione?
Allo stesso tempo, so per esperienza che non è una cosa semplice gestire l’inserimento, e in generale la frequenza, di un bambino al nido quando ancora viene allattato. Questo perché ovviamente l’educatrice non può dare al bambino quello che la mamma dà con l’allattamento.
Cosa significa per noi allattare al seno?
A mio parere un genitore che si pone questa domanda, dovrebbe chiedersi che tipo di ruolo e di funzione ha l’allattamento nella relazione con il bambino.
Infatti, se serve per rassicurare, è necessario lavorare anticipatamente nel preparare il bambino a vivere un ambiente in cui quel tipo di rassicurazione non sarà presente. Questa dovrebbe essere una preoccupazione del genitore poiché a pagarne le conseguenze sarebbe solo il piccolo nel sentirsi in difficoltà e senza supporto. Ovviamente, le educatrici sono preparate a questo e sanno come fare ma tutto ciò, oltre a richiedere più tempo per l’inserimento, comporta anche un certo quantitativo di stress per il bambino da aggiungere a quello già previsto nell’allontanamento dalla mamma.
Infine è importante ricordare che l’inserimento serve al bambino per poter creare nuove coordinate che abbiano il fine di farlo sentire a proprio agio in un ambiente nuovo, che dovrà diventare familiare. Quindi se non permettiamo al bambino di mettersi in difficoltà in questo ambiente quando è ancora presente la mamma, consentendogli di rifugiarsi nell’isolamento dell’allattamento, che senso ha essere lì?
Flavia