Una mamma tutta da ridere – Termine della gravidanza!

 

In questo periodo ho diverse amiche che sono al termine della gravidanza ed è inevitabile ripensare a quando mi trovavo nei loro panni.

Prima di rimanere incinta avevo nella mente immagini di gravide top model: non una caviglia gonfia, labbra piene, tette sode e un’aurea celestiale che solo la dolce attesa può donarti.

Dopo 2 anni mi chiedo ancora perché la chiamino dolce…

Avrei voluto seguire uno di quei fantastici corsi in piscina per gestanti ma: 

No che ti partono le contrazioni” diceva la ginecologa. 

Massaggi? NO. 

Camminate in riva al mare? NO. 

E mi raccomando non mangiare niente che ingrassi”. Perfetto!

Ricapitolando: 

  • sono posseduta da un’entità ben identificata che mi ordina di ingurgitare pollo arrosto dalle 9 del mattino ma non devo ascoltarla

  • mi sento svenire ogni 40 minuti ma non posso toccare cibo

  • dovrei dimagrire senza alcun esercizio fisico

Niente di più facile. Un quadro idilliaco direi!

gravidanza

Nonostante fossi continuamente a dieta, l’ago della bilancia guadagnava sempre più terreno, settimana dopo settimana. 

22kg di troppo che non sapevo più come gestire. 

Non stavo più neanche dentro le scarpe! 

Da un nr. 35 ero passata a un 39.

Le caviglie erano così gonfie e doloranti da costringermi a fasciarle col ghiaccio ogni sera.

La pancia era talmente bassa che ogni volta che incontravo qualcuno, iniziava a pregare che non gli partorissi davanti agli occhi. 

Mi muovevo con la stessa grazia che ha Frankenstein appena prende vita e si alza dal lettino medico, avete presente?

E poi c’erano tutti quei fantastici fastidi, come ad esempio il bruciore di stomaco, ve lo ricordate? 

Sono i capelli del bimbo che crescono” dicevano le nonne.

E l’insonnia? “E’ il bambino che ti fa abituare ai ritmi notturni”.

Ma già da ora deve tenermi sveglia? Lui nasce ed io son bella pronta… taaac… non c’è bisogno di mesi di prove! Che poi se non mi va bene che faccio, lo rispedisco indietro? 

E le innominabili? Sì quelle lì, le emorroidi, che fa tristezza solo il nome. 

Goditi la gravidanza che non torna più indietro” dicevano… 

Ma grazie a Dio” rispondevo io!

Avrei dovuto sapere fin da subito che l’immagine che descrive meglio la maternità assomiglia più a Rambo con il coltello tra i denti e meno a Candy Candy!

A 40 settimane l’inquilino non si era ancora mostrato. 

Ero “già scaduta” dicevano e dovevo fare il tracciato cardiotocografico ogni giorno. 

Ti fanno accomodare su una poltrona, con una cintura che ti avvolge il pancione, collegata ad un monitor dove puoi vedere il battito cardiaco del tuo bimbo e le contrazioni.

Per infonderti coraggio ti sistemano proprio davanti alla sala parto, così puoi sentire le urla disumane di tutte le partorienti della giornata. 

Ma mica 5 minuti, no, puoi passarci anche delle ore se tuo figlio sceglie proprio quel momento per schiacciare un pisolino ed il tracciato non rileva nessun movimento fetale!

Tendi l’orecchio e cerchi di captare tutti i rumori, strizzi anche un po’ gli occhi, come se ti aiutasse a sentire meglio. 

Adesso sei un tutt’uno con il reparto, un’espressione di sofferenza ti segna il viso, come quando t’immedesimi così tanto nel personaggio di un film che inizi a patire con lui. 

Ti vengono in mente tutte le puntate di 24 ore in sala parto, e lì pensi: 

Ma chi cazzo me l’ha fatto fare?”.

Lo dici a voce alta, scandendo bene ogni parola, in modo da sigillare bene quell’immagine, quel momento, quelle urla.

Non sai cosa ti accadrà, un appuntamento al buio dicono, l’unica cosa certa è che urlerai di dolore o di vittoria come i vichinghi, per aver portato a termine l’impresa.

Non avevo mai avuto paura del parto fino a quell’istante. Lì iniziai a sudare freddo e a realizzare da dove dovesse uscire quel fagottino che tanto desideravo stringere tra le braccia.

Pensai a quelle masochiste alla massima potenza che osano ripetere l’esperienza più e più volte. 

Ma quando arrivò la mia ora mi affidai a Frédérick Leboyer e a mio marito, tra le calde mura di casa nostra.

Mi presentai in ospedale stringendo dei pettini tra le mani, e lì le ostetriche si guardarono come per dire: “Questa ci mancava!”.

Dopo 34 minuti conobbi chi mi dava tutti quei calcetti.

nascita

Posso dirvi che la paura a volte è solo nella nostra testa, siamo fatte per donare la vita e dobbiamo convincerci di esserne in grado.

Ma poi dite la verità, ci siamo preoccupate così tanto del parto ma non dei consigli non richiesti che sarebbero arrivati dopo, e questi si che non ero preparata a gestirli! 

Ma di questo vi parlerò la prossima volta!

A presto.

 

Michela