Togliere il ciuccio significa chiedere al bambino se sia pronto a rinunciare a quell’oggetto che ha per lui una grande funzione.
E noi, siamo consapevoli di cosa stiamo facendo?
Come togliere il ciuccio
Davanti a questa domanda mi trovo spesso a porne intimamente una a me stessa: “Perché vogliono togliergli il ciuccio? Che tipo di esigenza sta spingendo il genitore a togliere al proprio bambino qualcosa di cui sembra abbia così bisogno?”.
Tutto questo mi fa sempre riflettere. Quante volte, io per prima, mi trovo a pensare che sia ora che Vittoria faccia qualcosa, che dovrei intervenire e farle fare qualcos’altro. Poi la guardo, mi chiedo quanto sia comodo per me farlo, quanto sia il momento giusto per lei fare quel passo e rivaluto le scelte. Sì, perché molte volte cose che a noi sembrano facili, per i bambini sono enormi salti in avanti; cose che per noi è ora che avvengano, loro non sono ancora pronti a compierle.
Il ciuccio è una di queste cose.
Togliere il ciuccio significa chiedere al bambino se sia pronto a rinunciare a quell’oggetto che gli permette di rivivere la serenità, la rassicurazione, la sicurezza che ha vissuto nei primi mesi di vita quando veniva allattato e condivideva il calore del nido con la sua mamma o figura di accudimento. Il ciuccio gli permette di immergersi in quelle sensazioni ogni volta che vuole e addormentarsi tranquillo e sicuro che quel calore lo proteggerà così come ha sempre fatto…
Il ciuccio assolve quindi per lui a una funzione importante: simboleggiare la figura materna e tutte le splendide sensazioni espresse sopra, quando lei non c’è. Quando la frustrazione e la paura della sua assenza, di qualcuno che possa garantirgli la sopravvivenza, non è lì. Il ciuccio gli permette di non venire distrutto dal dolore di quella mancanza e di fronteggiarla.
Siamo sicuri che sia pronto a questo?
Il ciuccio, come il dito in bocca, come la copertina preferita o il peluche del cuore. Tutti oggetti spesso succhiati, perché la zona orale è la fonte di quel piacere rassicurante e materno, e tutti provenienti dall’ambiente di vita. Sì, perché non tutti vogliono il ciuccio. Non tutti lo hanno ricevuto. Ma tutti trovano strategie per richiamare l’immagine-simbolo della figura materna e sviluppano quelle che noi adulti chiamiamo “fisse”.
Quindi cosa dobbiamo fare?
Ecco alcuni consigli.
Innanzitutto, non spingere il bambino ad abbandonare il ciuccio. Non so se fumate ma in un certo senso ricorre una similitudine tra le due cose. Entrambe soddisfano un bisogno e non possono essere pertanto gestite con un out out. Nel primo caso spesso si riesce a smettere proprio quando ci si lascia aperta la possibilità di poter ricominciare quando si vuole…
Il bambino deve arrivare da solo ad accantonare il ciuccio proprio come avviene nel libro per bambini (utilissimo) “Il ciuccio di Nina”. Deve poter scegliere di non usufruirne più. Deve poter chiudere il cerchio con questo oggetto che gli è stato così utile.
Quindi il genitore non può far altro che aspettare?
Certo che no!
I bambini vanno guidati e sostenuti e questo è come sempre il compito più difficile.
Iniziate quindi osservando il bambino e l’uso che fa del ciuccio:
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Me lo chiede?
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Quando me lo chiede?
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C’è un momento preciso della giornata o una particolare situazione?
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Quanto lo tiene?
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Gli basta consolarsi per abbandonarlo o ne ha un bisogno spasmodico, finendo per portarlo quasi tutto il giorno?
Se avete notato che lo utilizza in particolari circostanze e solo per consolarsi, il ciuccio sta assolvendo alla sua funzione e, quasi sicuramente, passerà da essere un bisogno a un’abitudine e come tale sostituibile con un’altra.
Se invece siete nel caso in cui non riuscite neanche a rispondere alle domande perché l’uso è continuativo e disorganizzato, allora il lavoro da fare non riguarda il ciuccio e non è un buon momento per separarsene.
In quei casi, infatti, il bambino non riesce a trovare nelle relazioni e negli ambienti di vita la serenità che gli permetta di crearsi un sistema di aspettative e quindi una rassicurazione, portandolo a incentrare sul ciuccio tutte le sue strategie di gestione dello stato emotivo. Quindi, sarà importante lavorare sull’ascolto del bambino e sulla costruzione di una relazione e un contesto rassicuranti.
Ecco perché non è mai una buona idea proporre la separazione dal ciuccio in momenti stressanti della vita del bambino come la nascita del fratellino o traslochi e inserimenti a scuola.
In ogni caso, il primo passo è sempre quello di mettere il bambino nella condizione di fare un buon uso del ciuccio. Se non ci sono particolari situazioni turbolente e non sono previsti momenti difficili, si può iniziare ad aiutare il bambino a limitarne l’uso in un determinato momento della giornata, come ad esempio quello delle ninne. Il bambino ben presto si abitua a poter avere il ciuccio solo per poco tempo durante il giorno, spingendolo, supportato dal genitore, a trovare nuovi modi e canali espressivi per rintracciare quella stessa sensazione piacevole al di fuori della suzione.
Sarà allora utile proporre oggetti che possano fungere da oggetti transizionali, che parteciperanno alle routine, che verrano coinvolti in ogni “circostanza consolatoria” e che gradualmente verranno investiti di un valore affettivo.
Con il tempo, il genitore proporrà sempre più spesso questi oggetti e sempre meno il ciuccio come strategia rassicurante, portando il bambino a riporre il ciuccio perché non sentita più di averne bisogno…
Concludo con un piccolo schema riassuntivo per rendere ancora più pragmatico l’approccio:
1. Non forzare il bambino ma valutare se si tratta di abitudine o bisogno del ciuccio. L’ho scritto sopra ma voglio rendere ancora più chiaro come possiamo distinguerle. Se il bambino chiede il ciuccio come se non potesse farne a meno per respirare, allora è un bisogno. Se provate a ritardare anche solo di qualche minuto il momento di consegna del ciuccio e lui lo accetta, lasciandosi convincere dalle vostre parole, allora è abitudine!Il consiglio poi è di chiedersi se per caso non siamo proprio noi a portare avanti questa abitudine proponendolo prima che ci venga chiesto…
Inoltre, è importante ricordare sempre che il procedimento da seguire per separarsene con facilità deve trasformare il ciuccio da bisogno ad abitudine e solo allora si potrà sostituire con un’altra più gestibile.
2. Non c’è un’età giusta per toglierlo ma di certo l’ingresso del bambino alla scuola dell’infanzia può aiutarci. Infatti, avendo chiaro il procedimento sopra, il bambino a quell’età riuscirà più facilmente a trovare nuove risorse o strategie compensatorie e l’ingresso nel gruppo sociale potrà sostenere il suo interesse per tale ricerca!
Allo stesso modo, la frequentazione dell’asilo nido può essere un’ottima risorsa per trasformare il bisogno in abitudine, proprio perché in questo contesto l’uso del ciuccio è legato solo ad alcuni momenti o circostanze (consiglio: confrontatevi sulle modalità di utilizzo a scuola). Infine, il fatto che tutti i bambini abbiano la stessa “abitudine” la rinforza e facilita il processo di trasformazione!
3. Se siete decisi a portare il bambino a separarsi dal ciuccio, cercate di sondare il terreno con alcune frasi del tipo: “Allora il ciuccio me lo metto io…Posso?Lo metti a me?”. Se sembra stare al gioco o è tranquillo, forse è disposto a separarsene…In ogni caso, se ogni tanto si dimentica di chiederlo, significa che è solo abitudine e si può iniziare!
4. Se pensate che sia pronto e ha risposto bene alle vostre domande per sondare il terreno, iniziate a renderlo sempre meno disponibile, portando il bambino a doverlo chiedere per averlo. In questo modo, potrete iniziare a proporre altri “oggetti transizionali”…
5. Potrete dare poi vari input per convincere il bambino che non sia utile l’uso del ciuccio (come fargli notare che con il ciuccio non si capisce cosa dice) e aiutarlo a limitarne l’uso proponendo altre strategie, portandolo da bisogno a farlo diventare abitudine. È importante però parlare sempre con riguardo del ciuccio senza mai screditarlo ai suoi occhi, senza mai gettarlo via, tagliarlo, farlo sparire. Ricordate che valore ha per lui e quanto possa ferirlo sentire l’adulto trattarlo in quel modo…
Sono gesti che si traducono nel bambino in “non ascolto” delle sue emozioni e di ciò che ha valore per lui. Questo potrebbe rendere questo e altri futuri passaggi difficili da affrontare insieme perché è la relazione a perdere forza…
6. Dato il suo grande valore, aiutate il bambino a chiudere il “cerchio” con il suo ciuccio, proponendo strategie di separazione come: “Potremmo mettere il tuo bellissimo ciuccio in un posticino dove possa riposare un po’ dato che ora non ti serve più. Se vuoi potremmo costruire insieme una bella casa per il ciuccio e andarlo a trovare, per vedere come sta, ogni volta che vuoi!”. In questo modo il genitore condivide con il bambino le sue emozioni, lo ascolta e lo sostiene, dando un messaggio importante: la continuità tra il prima e il dopo che appartiene alla vita. Gli permette di essere attivo in questo processo di separazione, di collocare il suo amato amico in un posto ben definito nella realtà e di aiutarlo a trovargli un posto in se stesso… (Sarebbe utile poter parlare di cosa prova nel lasciarlo in quella casetta e rassicurarlo che sarà sempre lì per lui ma che sarà lui a non volerlo più svegliare…). Infine, lasciare aperta la possibilità di rivedere il suo amico lo aiuterà a separarsene più serenamente perché non è scomparso e non lo ha perso. Semplicemente non gli serve più…
Infine, ricordate che l’ordine aiuta molto i bambini che si trovano ad affrontare grandi sfide. Pertanto cercate di non dare e togliere il ciuccio, di non forzare o cedere alla prima difficoltà. Aiutatelo a percorrere una strada e a sostenerlo sempre nell’attingere alle sue risorse per fronteggiare separazioni e difficoltà.
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Flavia